enografia campania
di Angelo Petracci



ENOGRAFIA
   CANTINE CAMPANIA
   D.O. CAMPANIA

Introduzione
La Campania rappresenta la prima regione del Meridione da un punto di vista vitivinicolo: scendendo da Nord verso Sud infatti comincia a diradarsi, fino quasi a scomparire, la presenza del Sangiovese che monopolizza invece gli uvaggi dell'Italia Centrale e che vede unicamente nel Solopaca, lungo la parte finale del fiume Calore in provincia di Benevento, l'ultima Doc in cui il Sangiovese e il Trebbiano prevalgono negli uvaggi rispetto agli altri vitigni.
Contemporaneamente comincia a manifestarsi la presenza dell'Aglianico e del Primitivo, i vitigni rossi di maggiore qualità presenti nei vigneti dell'Italia Meridionale oltre ai bianchi Fiano e Falanghina.

Da un punto di vista qualitativo la Campania negli ultimi anni è riuscita a colmare in gran parte il divario che la separava dalle altre regioni, divario inteso nel senso di presenza di produttori in grado di emergere dalla banalità qualitativa delle DOC: se fino agli anni '90 soltanto l'azienda Mastroberardino riusciva a produrre vini che emergevano a livello nazionale, oggi sono numerosi i produttori che hanno saputo confrontarsi con le nuove aspettative del mercato e con le esperienze più dinamiche già in atto in altre regioni e che forti di questo connubio producono etichette di assoluto valore nazionale.

Il successo di queste etichette ha gettato un ponte ideale con il passato vitivinicolo altrettanto famoso di questa regione, giustamente chiamata Campania Felix poiché tutte le coltivazioni prosperavano sui suoi terreni vulcanici, in particolare quelle delle piante da frutto, a cui si ascrive anche la vite: oggi le migliori etichette vengono espresse nelle stesse zone celebrate nell'antichità da Romani e dai Greci ma le attuali maggiori conoscenze agronomiche e di vinificazione consentono di esprimere vini di qualità anche nell'entroterra appenninico di Benevento e Avellino.
Ecco quindi che accanto al Falerno, prediletto da Romani, prodotto nella zona di Mondragone, ai vini di Greco e quelli di Ischia e Capri, eccellenti etichette provengono anche dai territori dell'entroterra appenninico, in molti casi caratterizzati da un migliore equilibrio e finezza, grazie ad a un clima notturno più fresco che riesce a mantenere gli aromi primari dell'uva e a sviluppare un mai eccessivo grado alcolico.


Clima e territorio
cartina Campania fonte FEDERDOCIl clima è di tipo mediterraneo, con un fronte marino così esteso da determinare sulle zone litoranee e in quelli subito adiacenti dell'interno, degli inverni particolarmente miti. All'interno la catena appenninica determina invece degli inverni molto più rigidi e in estate della maggiori escursioni termiche tra il giorno e la notte.

Il territorio risente fortemente della sua antica origine vulcanica e di attività bradisimica ancora fortemente attiva: si è così determinato un terreno estremamente fertile ma allo stesso tempo molto soffice e quindi soggetto a dilavamenti e frane.

Altra peculiarità della Campania è il suo territorio di origine vulcanica, che marca in modo forte la sua produzione vitivinicola: tali terreni, infatti, sono estremamente ricchi di potassio, che rappresenta il principale precursore degli zuccheri e pertanto tutti i vini sviluppano una spiccata personalità alcolica.


Caratteristiche ampelografiche
Nel panorama nazionale la Campania si connota rispetto alle altre per la grande varietà di vitigni autoctoni, caratteristica che la fa assomigliare ad un un'altra regione, la Valle d'Aosta, però completamente diversa da un punto vista climatico e di vitigni presenti.
Questa varietà deriva dalla collocazione in alta collina di numerosi vigneti, la cui altitudine è stata una forte antagonista della fillossera che non riesce a vivere oltre determinate altezze, caratteristica che spiega come mai anche la Valle d'Aosta possieda la sua varietà.
Altro elemento antagonista della fillossera è stato il sottosuolo sabbioso, su cui sono collocati i vigneti dei territori a ridosso delle coste: anche la sabbia, infatti, inibisce l'azione della fillossera.

Altro elemento peculiare della Campania è la viticultura estrema praticata nell'isola d'Ischia, dove, sulle pendici dell'Epomeo, l'uomo nei secoli ha strappato lembi di terreno coltivabile su cui collocare la vite e che dà vita ad un paesaggio di grande suggestione, analogo in Italia a quello della Valtellina, della Valle d'Aosta e delle Cinqueterre in Liguria.


I principali vitigni
Tra le varietà autoctone campane che riescono ad esprimere i vini di maggiore livello qualitativo vanno citate il Piedirosso, la Falanghina, la Coda di Volpe, il Fiano e il Greco.

Il Piedirosso è un vitigno a bacca rossa che deve il suo nome ai suoi "piedi rossi" ovvero ai suoi raspi che, nella fase di avanzata maturazione dei grappoli, assumono un caratteristico coloro rosso (in dialetto viene chiamato Pèr ‘e Palummo, cioè "piede del palombo", che si chiama così per via del terminale del raspo simile alla zampa del piccione). E' un vitigno da sempre utilizzato negli uvaggi ma vinificato da solo ha dimostrato di poter produrre vini dalla spiccata personalità gusto-olfattiva, offrendo ottimi risultati anche in surmaturazione.

La Falanghina è un vitigno a bacca bianca di origine greca. La sua maturazione tardiva consente ai produttori di modulare a proprio piacimento il periodo della raccolta, spesso in epoca di surmaturazione, in modo da ottenere profili di acidità e alcool coerenti con la propria idea di piacevolezza dei prodotti. E' a questo che si deve l'enorme differenza qualitativa delle numerose etichette presenti oggi sul mercato nonché ad un enorme successo di vendite che ha spinto i produttori ad aumentare le rese e a produrre dei vini di basso spessore qualitativo.

La Coda di Volpe, chiamata anche Pallagrello o Coda di Pecora, deve il suo nome alla forma del grappolo, che ricorda la coda delle volpi. I vini che ne derivano sono spesso soltanto banalmente acidi, senza particolari profumi e persistenze gustative ma le vinificazioni di alcune aziende sono riuscite a dimostrare come una politica di basse rese in vigna riesca a produrre vini dalla buona struttura e dagli intensi profumi.

Il Fiano deriva il suo nome da quello romano Vitis apiana, che stava ad indicare come fosse gradito alle api per la dolcezza dei suoi acini. Si tratta di una varietà a maturazione tardiva, coltivata per la sua qualità, anche in comprensori diversi da quelli campani, soprattutto in Puglia nella zona di Gravina.

Il Greco è una varietà a bacca bianca presente soprattutto nella provincia di Avellino. La sua polpa è di gusto neutro ma il suo grappolo di piccole dimensioni consente di praticare con successo una viticoltura di basse rese, permettendo di concentrarne la personalità che si esplica su toni di grande finezza olfattiva e gustativa.

L'Aglianico è una derivazione di Ellenico, un'uva, quindi, che nel nome indica la sua origine greca. Di maturazione tardiva, dà vita a vini dalla robusta spalla tannica e dall'alto contenuto di estratto, due elementi fondamentali per la produzione di vini di qualità e che spiegano l'interesse nei suoi confronti da parte dei produttori più ambiziosi. Diffusa in tutto il meridione fino al Monte Pollino, fino ad oggi ha espresso i migliori prodotti sui terreni vulcanici del Taburno, di Taurasi e del Vulture in Basilicata.

Merita la menzione anche l'Asprinio, introdotto in Campania dagli Etruschi nei cui vigneti prevale ancora la tipica alberata aversana, reminiscenza degli impianti etruschi nei quali le viti venivano maritate con i pioppi. Si tratta di una varietà dalla spiccatissima acidità, spesso utilizzata per la produzione di aceto, che dà vita a vini dal gusto citrino quanto mai originali. Se tutti concordano con la sua originalità del gusto, non tutti sono d'accordo sulla sua piacevolezza tant'è che le vinificazioni prodotte nella direzione del miglioramento della sua produzione fino ad oggi troppo disordinata e poco attenta, hanno dato vita a prodotti più morbidi e quindi meno tipici che no hanno incontrato l'unanime riscontro del pubblico. Quale sarà il futuro dello stile di vinificazione di questo vitigno non è quindi ancora dato a sapersi.


Le zone vitivinicole
In provincia di Caserta la zona produttiva di maggiore interesse è quella delle colline di Mondragone e Sessa Aurunca, dove alcuni produttori hanno ridato lustro al Falerno, uno dei vini più celebrati nell'Antica Roma. Il disciplinare di produzione, istituito nel 1989, prevede che possa essere prodotto nelle versioni bianca e rossa: la prima a base integrale di Falanghina, la seconda a base prevalente o di Aglianico o di Primitivo e pertanto, a parità di denominazione, è necessario porre attenzione alle etichette delle varie aziende per scoprire in quale versione è stato prodotto. Concorrono a completare l'uvaggio il Piedirosso e la Barbera ed è prevista anche la versione Riserva.

Spostandosi nell'entroterra verso Est in direzione di Benevento la zona di maggiore interesse è senz'altro quella del Taburno: le zone di Solopaca e di Sant'Agata dei Goti, con l'eccezione di pochi produttori, non ne riescono ad eguagliare la qualità complessiva.
Il Taburno è un antico vulcano spento che sovrasta la città di Benevento e sulle cui fertili pendici la vite è coltivata fin dall'antichità: anche qui il vitigno di maggiore blasone è l'Aglianico e le migliori etichette provengono dai vigneti posti alle quote di altezza maggiori, dove esprimono personalità di maggiore finezza rispetto alle versioni più opulente di altre zone più calde del Meridione italiano.
La denominazione Aglianico del Taburno prevede la presenza di Aglianico per almeno l'85% dell'uvaggio.

Nella zona di Avellino si trova la terza grande zona di elezione dell'Aglianico, la prima ad aver avuto il riconoscimento della DOCG nel 1993. Si tratta di un'ampia zona che si sviluppa intorno al fiume Calore e che vede in Taurasi il comune di maggiore importanza del comprensorio di produzione. Anche in questo caso la legge prevede che l'Aglianico debba essere presente per almeno l'85% ma viene indicata esplicitamente l'esclusione dei fondovalle umidi e non sufficientemente soleggiati. E' consentita la produzione di una versione riserva, che può essere commercializzata dopo una elevazione in cantina di almeno 49 mesi, di cui 18 in botti.

La zona di Avellino non è assurta agli onori della cronaca soltanto per il Taurasi, che per molto tempo è stata l'unica DOCG rossa del sud italiano: il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo hanno riscosso lo stesso successo di pubblico e di critica e rappresentano oggi un esempio di cosa si debba fare per emancipare un territorio da una produzione massificata ad una produzione di elevato livello qualitativo, unanimemente stimata.

Il Fiano di Avellino prevede che debba essere prodotto con almeno l'85% di Fiano ma le migliori etichette lo utilizzano integralmente. I migliori vini prodotti con questa varietà sono in grado di evolvere per molti anni manifestando piacevoli sensazioni fruttate nella gioventù e sensazioni speziate e di miele più complesse con il passare degli anni.

Il Greco di Tufo prevede che debba essere prodotto con l'85% di Greco e il 15% di Coda di Volpe. Il Greco è una varietà a bacca bianca di origine greca e si ritiene che il nome accomuni diverse varietà a bacca bianca. Il nome del vino deriva oltre che dal vitigno, anche dal paese di Tufo, il paese più importante del comprensorio di produzione. L'utilizzo della Coda di Volpe è reso necessario dalla particolare delicatezza del Greco, che fiorisce precocemente e ogni anno è esposto ai rischi delle frequenti gelate primaverili.

Il Taurasi è oggi uno dei più importanti vini rossi italiani, apprezzato per una forte struttura che gli assicura un lungo potenziale di invecchiamento e la capacità di sviluppare, negli anni in bottiglia, una maggiore complessità. Il forte colore rosso rubino vira negli anni in tonalità rosso granata e la forte spinta tannica, già ben equilibrata in gioventù nelle migliori espressioni, trova negli anni un maggiore equilibrio con le componenti morbide comunque ben presenti.

Nella Costa d'Amalfi soltanto negli ultimi anni si è riusciti ad ottenere dei vini in grado di competere con l'accresciuto livello degli altri migliori vini italiani. La situazione precedente era penalizzata da una proprietà dei vigneti estremamente parcellizzata e da vigneti che data la natura impervia e la scoscesità delle coste erano stati in gran parte abbandonati. Oggi i migliori vini sono rappresentati dai bianchi e dai rossi provenienti dalla sottozona di Furore, tutti dotati di grande struttura e generalmente impostati sullo stile della surmaturazione.

Il Cilento è un promontorio di basse montagne che si estende nella provincia di Salerno a partire dalle cittadine di Eboli e Battipaglia. La sua agricoltura non è mai stata legata profondamente alla coltura della vite e quindi non si segnala per zone di particolare pregio ma merita la citazione perché alcuni produttori sono riusciti a produrre delle etichette che hanno suscitato una vasta eco anche al di fuori dei confini regionali. Si tratta di vini a base Aglianico, Primitivo e Piedirosso mentre per i bianchi vengono utilizzati prevalentemente uve Fiano.

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